- Roberta Giulia
Roberta interpreta "Il casello" in stile fantasy
– «Aspetta. Metto gli auricolari.»
– «Mi senti? »
Ha una voce bellissima. Sicuro sarà un cesso ma la voce fa paura.
– «No, scusa, ti ho perso. Un’interferenza.»
Balle, era via con gli angeli.
– «Allora, dov’eravamo?»
– «No, è vero: non succede sempre e non con tutti.»
Va contestualizzato: il fantasma che sta dall’altro lato dell’iPhone le ha chiesto se quello che ha appena finito di ri-raccontargli le capita con tutti. Andava precisato.
– «Certo che ci ho provato, ovvio, a trovare uno schema: ho messo in fila tutti gli autori in un file Excel, ho cercato punti di contatto, legami, somiglianze. Ma non è saltata fuori nemmeno l’ombra di un algoritmo.»
– «Niente, nada, nisba.»
– «Niente lampi, pozioni, ragni o tempeste cationiche. Nessun alieno morente con un’abat-jour in mano, né missioni da divinità intergalattiche. Solo, a un certo punto…»
Sta facendo la simpatica. Lo sapete, vero?
– «Non lo so quando, forse al secondo (o era il terzo?) anno da fantasma.»
– «Al secondo o al terzo anno, inizio a scrivere cose che i miei clienti pensano prima che me le dicano. A volte prima ancora che le pensino. »
– «E poi, nel giro di poco, inizio a cambiare aspetto.»
– «No. Aspetta, non fuori. Fuori non succede niente. Parte tutto con una specie di percezione: mi sento diversa ma se mi guardo allo specchio, sono sempre la stessa. »
– «La prima volta? È con Effe, autore pluripremiato di cui sono un’ombra, una delle, mica l’unica, lo conosci di sicuro…»
Eccola, ora finge un profilo basso. È il suo modo per fare la figa, come i radical chic ostentano semplicità, lei minimizza per magnificare.
– «Ma sì, è un pezzo da novanta, un fanta-direttore di quelli che passano metà della loro vita sui palchi di mezzo mondo e il restante cinquanta a postare fotine, selfini e frasettine pseudo-motivanti sui social, più un due-tre per cento a far finta di scrivere i libri pensati, progettati, digitati e corretti da qualcun altro. Lo conosci. Anzi, probabile tu abbia scritto qualcosa per lui. »
– «Non fa cento, lo so. Certo che lo so.»
Non lo sa.
– «Dicevo: sono appollaiata sul divano e mentre cincischio sul terzo editing di Effe, mi sento di colpo scomoda, come se al posto di un filo di trippette addominali, mi fosse spuntato un pancione da ottavo mese. Non sono una silfide ma nemmeno un tricheco. Per non sbagliare, sollevo la maglietta e controllo: il pancione non c’è, me lo sto solo sognando.»
“Un filo di trippette addominali”! Ma si sentirà?
– «Poi? Poi succede di nuovo, qualche giorno dopo, solo che al posto delle cicce in più, mi prude la barba ed è parecchio strano: gratto qualcosa che non c’è, che non si vede e che non posso toccare ma che giuro sento…»
– «Bravo! Weird. L’ho pensato anch’io.»
– «Tieni presente che scrivo per una dozzina abbondante di ore al giorno, leggo per almeno altre tre, che mi alzo presto e che vado a letto tardi perché quando ho finito di leggere quello che devo leggere, parto con quello che voglio.»
Signore e signori, è appena entrata in scena Stakanova. Prego, applausi e urletti di ammirazione.