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La fisica fondamentale salverà il mondo


Escher, triangolo penrose, fisica fondamentale
Una lettrice seduta sul Triangolo di Penrose (di Escher)

Ma non era la bellezza?

Il principe Miskin diceva di sì.

"La bellezza salverà il mondo."

O meglio: "Il mondo lo salverà la bellezza".


Mir spasët krasota

(Мир спасёт красота)

E "Mir" è sia mondo sia pace.

:)


Sì era la bellezza, almeno se - tralasciando il fatto che Miskin non l'abbia mai detto - do credito al terzo link su un totale di 663.000 risultati offerti(1) dall'oracolo sintetico che ho consultato per farmi servire tre parole che ho appena scelto di scrivere come me le ricordo.


L'impulso che ha portato le mie dita a consultare l'oracolo viene dalle lacune della mia memoria che proprio non ce la fa a ricordare (2) come si scrivono i tre nomi che seguono: Fedor, Dostoevskij, e Miskin.


Ricevute le offerte, aka i 663.000 risultati, ho trovato sia quello che cercavo, sia qualcosa che ha fatto divergere la mia rotta, divertendo(3) il mio pensiero e portando quindi le mie dita a scrivere Fedor Dostoevskij, e Miskin (e non Fëdor Michajlovič Dostoevskij, e Myškin).


Se chiamiamo A il momento della consultazione e B quello della scelta, e consideriamo che tra A e B è successo qualcosa che ha portato a una nuova traiettoria, la nuova destinazione torna indietro nel tempo e nello spazio: dalla Panton Chair che questa mattina, mercoledì 20 settembre 2023, regge il mio peso, alla poltroncina di velluto bordò che lo ha sopportato ieri sera, martedì 19 settembre 2023.


Mentre scrivo appollaiata su un'onda di polipropilene stampato a iniezione il cui design risale agli anni Sessanta del secolo scorso e che - stando a Umberto Eco, nel suo trattato di semiotica - rappresenta un'ipocodifica, sono anche seduta nel velluto pelosetto di una poltroncina fila quattro, posto 80D, nella platea del Teatro Grande di Brescia, i cui spazi di oggi sono figli di un manipolo di persone del XVII secolo che si facevano chiamare Accademia degli Erranti.


Sono a casa, e quindi sono sia a casa sia in ufficio, e sono anche a teatro, seduta in quarta fila.

Davanti a me c'è sia uno schermo 21,5 pollici, e sia un raduno di individui che stanno dedicando le loro vite alla ricerca dei nostri errori. Nostri, di noi umani in fila fuori dal e dentro il Teatro per sentir parlare Carlo Rovelli e Guido Tonelli, e di loro stessi, Carlo e Guido, chiamati da un signore bresciano di cui fino a prima di vederlo sul palco non sapevo niente.


In un tempo diverso (forse, chi lo sa?) ma dallo stesso spazio voluto da una certa Accademia degli Erranti a partire, sembra, dal 1664, scende una nuova accademia di persone che vagano letteralmente qua e là nel campo della fisica fondamentale, raccogliendo e seminando bosoni, quark e quanti e - probabilmente soprattutto - punti interrogativi.


La nuova "Accademia Errante" si chiama Fondazione Blaumann e nasce da un ingegnere bresciano che nel 2021 ha scritto una mail a due fisici e li ha convinti a dargli una mano.

A fare cosa?

A sostenere un tipo di ricerca che per sua natura e scopo NON produce applicazioni, cioè la cosiddetta ricerca fondamentale.


Come?

Con una fondazione che mette mano al portafogli per aiutare i giovani ricercatori.


Perché?

Dovrei chiederlo a loro, ma azzardo un paio di ipotesi:

a) visto che non lo fa (quasi) nessun altro;

e

b) perché la ricerca fondamentale è quella che indaga dietro le cose e forse soprattutto dietro i pensieri che abbiamo costruito intorno alle cose.


Il trait d'union tra il Principe Miskin e la fisica fondamentale è un elettrone che parte da A, si svapora, e ricompare al punto B.

Ma a far cantare l'elettrone è stata una persona, il mio amico Nicola Adami, ricercatore al dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'università di Brescia, padre dei miei due figliocci Luca e Giulia, amici del cuore di mio figlio Giovanni, testimone delle mie nozze con Davide. È stato Nicola a mandarmi via WhatsApp la locandina di un evento che a me era sfuggito perché sono una monomaniaca che per scrivere di un certo tema esclude tutti gli altri.

Il tema degli ultimi due mesi è l'ingrediente base - il fondamentale - del memoir di un grande chef. Ha a che vedere con gli astici, il terroir, Bruce Lee, e una specifica distorsione cognitiva che ci porta a credere che gli chef siano tutti - o quasi - Urlatori e Lanciatori di Padelle.

Per fortuna, Nicola lo sa (che sono una monomaniaca) e una settimana prima del suddetto evento, ha deciso di lanciarmi una palla che poi mi ha catapultato fuori dal manifactured drama dell'alta cucina, fino a farmi accodare davanti al signore bresciano che abbraccerò tra qualche riga.


Questo signore si chiama Giovanni Franceschini e, mentre io sono a una cinquantina di centimetri dal mio schermo 21,5 pollici, lui è davanti a un leggio sul palco del Teatro Grande.

Sta ringraziando le autorità, ha appena finito, dà il benvenuto agli ospiti, è emozionato (e io con lui), torna al suo posto in prima fila, si siede, ascolta il maestro di cerimonie Marco Motta che accoglie sul palco Michelangelo Pistoletto, Carlo Rovelli, Guido Tovelli, Emily Christine Adlam: un artista, un fisico teorico, un fisico sperimentale, una fisica-filosofa, quattro giganti erranti che a un certo punto si sono alzati dalle loro poltroncine blu sul palco e hanno ricominciato a vagare qua e là per i mondi, e sono entrati nel mio.


Giovanni, Michelangelo, Carlo, Guido, Emily sono in questa stanza. Uno su cinque sia in formato cartaceo sia ebook, gli altri quattro si sono appena accomodati nel magazzino della mia memoria. Carlo Rovelli si cerca accanto alla Fisica dell'impossibile di M. Kaku, salvo poi trovarsi sopra Elemire Zolla, Le meraviglie della Natura. Michelangelo Pistoletto guarda in tralice una delle mie porte. Emily Christine Adlam allunga gli occhi dietro alle ragnatele sui libri di filosofia. Guido Tonelli sbircia la lavagna con la mappa di una saga familiare che ruota intorno a un nucleo a bassa gradazione alcolica e a un certo numero di scheletri che passano da un armadio all'altro, in uno spazio tempo che va dagli Asburgo ai pantaloni a zampa. Giovanni Franceschini è un po' a disagio perché non riesco a smettere di ringraziarlo.


Per Giovanni Franceschini io non esisto, e lui per me esiste da una manciata di ore, ma il signor Giovanni è qui, in casa mia, nel mio ufficio, e siccome non ho modo di andare nel suo, non posso non fargli sapere che gli sono grata.


Per cosa?

Per aver scritto una mail a Carlo Rovelli e una a Guido Tonelli, per aver dimostrato di esistere, al di là dell'anomalia intendo (un bresciano? ma i bresciani non erano solo pane e tondini? e Brescia non era solo alzati e fattura? Ah no, quella è Milano), di avere davvero l'intenzione e la forza e le risorse per dar vita alla fondazione Blaumann, e di averlo fatto, e quindi di aver sostenuto la ricerca fondamentale, e di aver riempito un teatro intero di bresciani corsi a sentire lui, Michelangelo, Carlo, Guido, Emily.

Quindi grazie, signor Giovanni, e sappia che se potessi la abbraccerei.

Il filo rosso che unisce la fisica fondamentale alla pace nel mondo di una scrittrice fantasma è un universo che prossimamente, su questi schermi, da queste sedie/poltroncine, in questi teatri, proverò a esplorare.


 


(1) dietro compenso di dati che pare valgano oggi più dell'oro e del pollame con cui sembra si pagassero gli oracoli

,



(2) Vi basterà sapere che per memorizzare - e quindi sia scrivere sia pronunciare - un cognome facile come quello dell'autore di Fight Club ho dovuto ripeterlo a voce alta per giorni, guardando il suddetto su un video di YouTube.


(3) uso un verbo difettivo che non dovrei usare, pronta alla lapidazione




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